IL TRIBUNALE Rilevato che Colangelo Giuseppe ha citato Colangelo Salvatore a comparire dinanzi a questo giudice per il 30 novembre 2006, cadente di giovedi', giornata nella quale non si tengono presso questa sezione distaccata udienze di prima comparizione, secondo le determinazioni di cui all'art. 163 secondo comma c.p.c. e 80 disp. att. c.p.c., e pertanto l'udienza stessa e' stata rinviata d'ufficio al giorno successivo, venerdi' 1 dicembre 2006, ai sensi dell'art. 82, primo comma disp. att. c.p.c.; che il convenuto si e' costituito, proponendo domanda riconvenzionale, in data 11 novembre 2006, ossia rispettando il termine di venti giorni previsto dall'art. 166 c.p.c. con riferimento all'udienza effettiva di prima comparizione, ma non con riferimento alla data come fissata dall'attore nel decreto di citazione; che l'attore ha eccepito la tardivita' della domanda riconvenzionale ai sensi degli artt. 166 e 167 c.p.c., tardivita' che, ove sussistente, potrebbe anche essere rilevata d'ufficio (Cass. 05/9875 e 00/43 76); che l'eccezione dell'attore risulterebbe fondata in base al testo vigente dell'art. 166 c.p.c., secondo cui il convenuto deve costituirsi almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, ovvero almeno venti giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'art. 168-bis, quinto comma, c.p.c., senza prevedere alcun differimento del termine di costituzione per l'ipotesi, prevista dall'art. 168-bisquarto comma, c.p.c., che e' quella che interessa nel caso di specie; che sotto il vigore del codice di rito, nel testo anteriore alla novella del 1990 (legge n. 353/1990), si era ritenuto che il termine in questione non fosse suscettibile di per se' di sospensione, ma restasse condizionato dalle vicende dell'udienza indicata nell'atto di citazione, con la conseguenza che, «ove nella data cosi' indicata non si tenga udienza, e la udienza per comparizione venga rinviata d'ufficio a quella successiva, il termine per la comparizione del convenuto va determinato con riferimento a quest'ultima» (Cass. 91/7268); che invece il nuovo testo dell'art. 166 c.p.c., come risultante dalla novella del 1990, con l'espressa ed analitica indicazione delle eccezioni alla regola secondo cui il termine per la comparizione si calcola a partire dalla data dell'udienza indicata nell'atto di citazione, ha comportato un irrigidimento della disciplina, di talche', anche in base al diritto vivente, si deve ritenere che «deve aversi riguardo in via esclusiva all'udienza indicata in atto di citazione e non anche a quella eventualmente successiva, cui la causa sia stata rinviata d'ufficio, ai sensi dell'art. 168-bis, comma quarto, c.p. c., in ragione del calendario delle udienze del giudice designato» (Cass. 07/12490); che le questioni di legittimita' costituzionale della siffatta disciplina, per contrasto con gli artt. 3 (per il diverso trattamento rispetto all'ipotesi di cui all'art. 168-bis, quinto comma, c.p.c.) e 24 Cost., e' stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte Costituzionale sia con l'ordinanza n. 461 del 1997, in cui si e' affermato che «la previsione del potere di differimento della prima udienza di comparizione, attribuito al giudice istruttore dal quinto comma del citato art. 168-bis, deve porsi in relazione al preminente rilievo affidato a detta udienza nella struttura originaria della riforma e particolarmente alla fondamentale esigenza di porre il giudice in condizione di conoscere l'effettivo thema decidendum fin dal momento iniziale della trattazione della causa; ... in tale ragione, del tutto peculiare, va ravvisato il fondamento della deroga al sistema della citazione ad udienza fissa, cui e' correlata la diversa disciplina del termine di costituzione del convenuto, costituente anch'essa una deroga al principio generale stabilito nella prima parte dell'art. 166 c.p.c.; ... le medesime esigenze non sussistono invece in relazione al rinvio della prima udienza di comparizione, previsto nell'art. 168-bis, quarto comma c.p.c., il quale, in assenza di specifica indicazione normativa, puo' derivare da qualunque motivo, anche fortuito ed indipendente da ragioni organizzative dell'ufficio o del giudice»; sia con la successiva ordinanza n. 164 del 1998, con al quale si rilevava che la nuova ordinanza di rimessione alla Corte non introduceva profili o argomenti nuovi rispetto a quelli gia' esaminati dalla Corte stessa nella precedente decisione; che si puo' prospettare nuovamente la questione gia' ritenuta manifestamente infondata dalla Corte costituzionale, in quanto, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte stessa nell'ordinanza n. 461 del 1997, il rinvio ex art. 168-bis, quarto comma c.p.c. non dipende solo «in assenza di specifica indicazione normativa, da qualunque motivo, anche fortuito ed indipendente da ragioni organizzative dell'ufficio o del giudice», ma, in presenza dell'espressa previsione normativa dell'art. 163 secondo comma, secondo cui «il presidente del tribunale stabilisce al principio dell'anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della corte d'appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti», e di quella, piu' analitica, di cui all'art. 80 disp. att. c.p.c., secondo cui «il presidente del tribunale stabilisce con decreto, al principio e alla meta' dell'anno giudiziario, i giorni della settimana e le ore in cui egli stesso, i presidenti di sezione e ciascun giudice istruttore debbono tenere le udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti e le udienze d'istruzione», nonche' di quella di cui all'art. 82, primo e secondo comma disp. att. c.p.c., secondo cui «qualora il giudice istruttore non tenga udienza nel giorno fissato per la prima comparizione dalle parti, questa si intende rinviata d'ufficio alla udienza di prima comparizione immediatamente successiva assegnata allo stesso giudice», e «la stessa disposizione si applica anche nel caso che il presidente abbia designato un giudice diverso da quelli che tengono udienza di prima comparizione nel giorno fissato dall'attore», si deve dire che tale rinvio puo' dipendere anche da motivi organizzativi, secondo analitiche e puntuali disposizioni di legge, e non solo dagli «imprevisti» avuti presenti dal terzo comma dell'art. 82 disp. att. c.p.c.; che, inoltre, il decreto presidenziale che fissa, per ciascun giudice istruttore, la data e l'ora delle udienze di prima comparizione, riceve adeguata pubblicita', secondo l'art. 69-bis disp. att. c.p.c. e il citato art. 80 disp. att. c.p.c., che ne dispongono l'affissione in tutte le sale di udienza del tribunale durante il periodo al quale si riferisce; che pertanto il difensore del convenuto, nel momento in cui deve preparare la propria costituzione e difesa, puo' gia' essere in grado di verificare quale sara' il giorno effettivo in cui si terra' la prima udienza (posto che, subito dopo l'iscrizione a ruolo, viene designato il giudice istruttore, ai sensi dell'art. 168-bis, primo, secondo e terzo comma c.p.c.), e non si vede per qual motivo egli debba calcolare a ritroso il termine per le proprie attivita' sulla base di una data non reale, ma puramente virtuale (quale quella fissata dall'attore in citazione, che per ipotesi potrebbe cadere anche di giorno festivo), considerato che l'esistenza di un termine di decadenza anticipato rispetto alla data dell'udienza di prima comparizione, posto al convenuto per svolgere alcune attivita' difensive, e' collegato semplicemente al diritto dell'attore di conoscere con congruo anticipo, rispetto alla prima udienza di trattazione, le difese stesse, onde potervi adeguatamente replicare, e adottare le conseguenti eventuali iniziative ex art. 183, comma quinto c.p.c.; che inoltre non e' condivisibile l'affermazione della Corte costituzionale, secondo cui la ratio del differimento della prima udienza (per consentire al giudice di conoscere la causa nell'ipotesi di cui al comma quinto dell'art. 168-bis, per altri motivi nell'ipotesi del quarto comma) si rifletterebbe sulla ratio dell'adeguamento o meno del termine di costituzione del convenuto alla data effettiva della prima udienza, in quanto, quale che sia il motivo del rinvio dell'udienza, non si vede perche' si debba costringere la parte convenuta ad anticipare le proprie difese rispetto al momento in cui risulti (in base alla preventiva, discrezionale e generale valutazione del legislatore, ossia venti giorni prima dell'udienza) necessario; che neppure persuade l'affermazione della Corte di cassazione, nella citata sentenza n. 12490/07, secondo cui «ne' la mancata equiparazione delle rispettive ipotesi di cui al quarto e al quinto comma dell'art. 168-bis c.p.c. puo' ascriversi a mera svista del legislatore, perche' emerge con sufficiente chiarezza la ratio della diversa considerazione, ascrivibile al fatto che solo l'udienza indicata in citazione e quella fissata con apposito decreto dal giudice designato risultano espresse in atti scritti idonei a determinate conoscenze certe, a differenza di quanto avviene per i rinvii d'ufficio, non soggetti a comunicazioni di sorta e desumibili solo dalla previsione generale del calendario giudiziale», perche' le gia' ricordate forme di pubblicita' del calendario giudiziario, previste dagli artt. 69-bis e 80 disp. att. c.p.c., consentono alle parti di prevedere tempestivamente la data effettiva dell'udienza, sol che si conosca quale sia il giudice designato, cio' che puo' facilmente accertarsi mediante un accesso alla cancelleria (che sara' comunque necessario per esaminare i documenti prodotti dall'avversario), dopo i due giorni previsti dall'art. 168-bis, secondo comma c.p.c. dalla costituzione della parte piu' diligente, di solito l'attore (a sua volta imposta, dall'art. 165 c.p.c., nei dieci giorni dalla notifica dell'atto di citazione); che la questione di legittimita' costituzionale sopra accennata merita pertanto di essere riproposta con i nuovi argomenti fn qui illustrati; che essa risulta rilevante, perche', nel caso in cui fosse accolta, la domanda riconvenzionale dovrebbe essere ritenuta tempestivamente proposta, mentre, nel caso contrario, dovrebbe ritenersi la stessa inammissibile poiche' proposta oltre il termine di decadenza di cui al combinato disposto degli artt. 166 e 167 c.p.c.; che la stessa questione. deve ritenersi non manifestamente infondata, stante il contrasto che la disciplina dell'art. 166 c.p.c. mostra con l'art. 3 Cost. trattando in modo diverso situazioni simili (quella di cui all'art. 168-bis, quarto comma, e quella di cui all'art. 168-bis, quinto comma c.p.c.), disparita' di trattamento che si riflette anche sul diritto alla difesa di cui all'art. 24 Cost., nonche' sui principi del giusto processo e della parita' tra le parti di cui all'art. 111 Cost., laddove la normativa in questione impone alla difesa di una delle parti un termine decadenziale con modalita' e secondo un meccanismo non perfettamente razionale, comprimendo pertanto piu' del necessario l'esercizio delle attivita' difensive.